Thursday, June 15, 2006

CONVEGNO DEL 6 APRILE 2006

CONVEGNO DEL 6 APRILE 2006
Il giorno 6 Aprile scorso, si è tenuto in Napoli presso Villa Doria d’Angri, organizzato dal Collegio Capitani e da altre associazioni ed Istituti, un convegno sui seguenti temi:

Standard minimi relativi alle competenze tecnico professionali per il settore marittimo
Promuovere le prospettive di occupazione nel settore marittimo della Comunità ed attrarre i giovani alla professione del mare
Poiché mi è stato impossibile partecipare di persona, ho ritenuto opportuno riprodurre sul sito della Casina la mia relazione, espongo quindi sinteticamente il mio punto di vista sui due argomenti:

1) Standard minimi relative alle competenze tecnico professionali per il settore marittimo
2) Prospettive di occupazione ed attrarre i giovani alla carriera del mare
Ritengo che i due argomenti siano intimamente collegati e non saprei attribuirne una priorità. Comunque cercherò di trovare il filo conduttore ed una chiave di lettura, partendo da considerazioni pratiche e cioè tenendo presente i seguenti principi:
A) cosa si attende il datore di lavoro, cioè l’Armatore, da quello che gli inglesi chiamano SEA Farer
B) come si arriva a fornire, passatemi il termine, il prodotto richiesto
C) tenere conto del contesto internazionale in cui dovrà operare lo stesso, in primo luogo la Comunità Europea e norme relative, l’IMO e sue regole
D) oneri e costi – competitività con altre nazioni – collegamento coi sindacati

Tutto ciò premesso, occorre anche chiarire, almeno a mio modesto modo di vedere, che occorre operare una scelta soprattutto di tradizione e di base culturale, lasciando queste a quella sparuta pattuglia di ricercatori e studiosi di cultura del mare in cui molto umilmente mi colloco. Perché ritengo sia oggi più razionale attenersi alle dure leggi della realtà, anziché, e lo dico a malincuore, mischiare le mai cancellate tradizioni a quello con cui bisogna realmente confrontarci oggi.
Una volta sgombrato il campo da dietrologie o preconcetti – belli ed importanti – comunque non attinenti ai problemi in discussione, vengo ad esaminare, quanto già indicato prima, seguendo un approccio non convenzionale, chiedendomi:
Cosa si attende l’armatore o meglio cosa vuole ?
L’armatore ha come scopo di equipaggiare le proprie navi investendo dei capitali, aspettandosi poi una remunerazione dal capitale investito. Questa concezione esclude quindi che questa figura possa assumere i connotati di un’opera di beneficenza. Perciò applica delle regole, spesso, incompatibili col resto dei protagonisti. Ciò affermato, l’Armatore si attende, almeno a livello di Ufficiali, una competenza professionale omnicomprensiva di conoscenze tecnico. giuridiche da esplicarsi nello svolgimento dei compiti a bordo che a loro volta si diversificano per specializzazione sui vari tipi di nave. Qui il discorso inevitabilmente si allarga alla diversa caratteristica commerciale del tipo di nave: infatti è intuibile che le competenze specifiche richieste per espletare la propria professione su una petroliera – chimichiera – gasiera è assai diversa da quella necessaria su una nave da crociera con altrettante ramificazioni e specializzazioni se si pensa ad un traghetto ro-ro passeggerri o addirittura merci; esiste una notevole differenza tra le conoscenze richieste per un ufficiale imbarcato su una Bulk Carrier o una portacontainer, che include anche le navi LASH non dimenticando le piattaforme petrolifere col loro seguito di Supply vessels, le navi posacavi o posatubi la cui operabilità include l’uso del “Posizionamento Dinamico” materia sconosciuta a molti addetti ai lavori, qui in Italia. Senza omettere le dimensioni e le velocità; si è passati dal gigantismo delle petroliere degli inizi anni 80, peraltro cancellato con oneri altrettanti giganteschi, a quello dei super traghetti, super veloci a quello che io definisco super gigantismo della navi crociera e delle portacontainer di ultima generazione, mostri di oltre 9.000 TEU.
Quindi, la domanda: Prodotto finito oppure grezzo, di base ?. La mia risposta è semplice. PRODOTTO DI BASE. Cioè , quello che è oggi l’Allievo sfornato dagli Istituti Nautici. Sarà poi compito di altri protagonisti perfezionare il prodotto, con corsi specifici e soprattutto con esperienze pratiche o qualcosa che assomigli a dei Master in materia, con parziale, non assoluto,
impiego di simulatori. E’ inevitabile a questo punto parlare dei corsi obbligatori di base previsti dallo STWC che a mio modo di vedere, dovrebbero essere inclusi a costo zero per gli studenti, col rilascio del relativo diploma di maturità. Infine una breve notazione sulle competenze in merito alla stabilità e gestione di zavorramento: Su una nave da carico almeno il 90% dei pesi è conosciuto dagli Ufficiali di Coperta. Perché invece è prospettata l’acquisizione di questo compito al settore di Macchina ? E’ vero che i liquidi costituiti dal bunker ed olio o altro è conosciuto dalla Macchina. Questa divisione di conoscenze ed al mancato scambio di comunicazioni tra le due sezioni, ha spesso causato problemi per l’intero sistema nave. Esistono centrali di bilanciamento remoto ubicate in plancia. Bisognerebbe approfondire l’intero problema e scegliere una soluzione che soddisfi ampiamente i problemi della sicurezza collegati alla stabilità-.
Se l’armatore richiede questo, allora occorrerà anche che si faccia carico, almeno in parte- con la partecipazione dello Stato ed anche dell’interessato, della formazione dell’Ufficiale, imbarcando necessariamente l’Allievo. Solo così potrà sperare di ottenere un “ prodotto “ ottimale per giungere in seguito, dopo anni, alla creazione del Comandante e/o Direttore di Macchina ideale per le proprie necessità. Quindi l’onere dovrebbe ricadere per un terzo sull’Armatore, un terzo dallo stato ed un terzo, me lo consentano anche i sindacati, da parte dell’allievo, nel senso che se posto il costo totale pari a 10, anche l’Allievo potrebbe partecipare, rinunciando ad un terzo dello stipendio attualmente previsto dai contratti.
Tutto questo “ escursus” per affermare che è necessario obbedire, per rendere competitivo il “ prodotto”, alle richieste del mercato, cioè quanto l’Armatore (o datore di lavoro) pretende di trovare. Una volta accettato questo principio che, ovviamente, andrà continuamente aggiornato col progredire dei tempi, si potrà affrontare il problema successivo a ciò legato, cioè la formazione e quindi l’istruzione scolastica, la necessaria riconfigurazione ed aggiornamento dei docenti, la scelta dei programmi, il tutto inserito nel contesto delle leggi emanate internazionalmente.
Per quanto attiene ai programmi scolastici ritengo indispensabile l’insegnamento dell’Inglese, non inteso come attualmente applicato o previsto, bensì utilizzando questa lingua nell’insegnamento delle materie professionali, introducendo così l’alunno direttamente nella realtà che andrà affrontare in seguito, inserendosi in maniera reale e non virtuale nel mondo pratico della propria professione.
Ritengo altresì importante confrontarsi con quanto già si fa nelle altre nazioni europee, non occorre inventare, occorre snellire le procedure, unificando il modo di concepire, di pensare, in una parola unificare la filosofia che ispira le persone e le componenti che partecipano a quanto espresso prima.
Non dimenticare, anzi privilegiare in particolar modo la SICUREZZA intendendo non solo i mezzi e la struttura della nave ma anche il convincimento che il tutto, ad onta delle tecnologia sempre più avanzata, deve essere impostata a misura d’uomo, ricordandosi di quanto affermava – diversi anni fa – lo scrittore G. B. Rossi: “ Però il mare è sempre quello.”
Nell’esperienze da me accumulate partecipando a varie Commissioni di Esami presso la Direzione Marittima di Napoli, nell’esercizio della professione di Comandante ed anche di partecipazione in alcuni Uffici d’Armamento, ho sempre notato una carenza – quasi totale – da parte di Ufficiali di Coperta, di cognizioni di Diritto Navale, di Assicurazione Nave, di avarie ed in sintesi del modo di scrivere il Giornale Nautico. Tale lacuna deve essere assolutamente eliminata, pena la sconfitta nei confronti di altri ufficiali della comunità europea e non.
Mi sono sempre posto la domanda: che differenza in pratica esiste tra una manovra od altro eseguita altrettanto bene oppure in maniera disastrosa, tra un Ufficiale di formazione “umanistica” oppure solo tecnico-professionale, tra un Ufficiale Italiano oppure Norvegese ? Nessuna, se non nel proprio sub conscio.
Ritengo ancora che i sindacati di settore, dovrebbero farsi carico della realtà nel senso di non assumere un atteggiamento di retroguardia assolutamente improduttivo e che nel tempo, potrebbe produrre più danni di quelli che, in buona fede, vorrebbero evitarsi.
Quindi, il quesito finale: Oneri e Costi. Come affrontarli, come risolverli. E’ arduo esprimere affermazioni solo seduti in qualsiasi seminario. Vi sono tante e tali variabili impreviste ed imprevedibili: cause politiche e soprattutto economiche che contribuiscono alla formazione di tali costi e, tra l’altro, il costo dell’energia, petrolio, ecc. ecc.
Ed infine, come incentivare la scelta della carriera del mare da parte dei giovani. Senz’altro con campagne pubblicitarie da parte dei Media, ma soprattutto ponendosi la domanda: perché dovrebbero scegliere il mare anziché un posto a terra ? I giovani se la pongono la domanda e se si assiste al progressivo allentamento da questa carriera è perché trovano più conveniente, più comodo orientarsi diversamente. Ed allora, rivado indietro nel tempo, ad oltre cinquant’anni fa, quando poco più che ventenne, seduto mezzo addormentato sulla cuccetta, svegliato con rudezza dal marinaio smontante di guardia che perentoriamente mi annunciava che mancava un quarto, cercando istintivamente di calzare gli stivali e raccogliendo al volo gli oggetti che rotolavano a causa del rollio, mi chiedevo: ma chi me lo ha fatto fare ? Calcolavo rapidamente la differenza del fuso orario ed allora il paragone diventava ancora più cocente e crudo. Alla stessa ora i miei coetanei, lasciati a casa, erano a spasso con le loro ragazze, a divertirsi spensieratamente. Ci voleva la passione o forse – o senza forse – la necessità. Ti consideravi quindi un escluso, un emarginato. Solo il tempo e ben raramente, ti ha concesso qualche soddisfazione, Ma a quale prezzo!. Rinunce, sacrifici e molto altro.
Se vogliamo invogliare i giovani alla carriera del mare, dovremmo innanzi tutto convincerli che è bello, che è utile, che è rimunerativo. In che modo ? Forse con un lavoro di sinergie tra i vari protagonisti, senza riserve mentali, senza fini nascosti, senza creare illusioni, non nascondendo le difficoltà, le insidie. Questa, secondo me, è la vera medicina, applicando a questa quanto hanno egregiamente elaborato i tecnici del ministero nella stesura della bozza, si può ragionevolmente sperare di ottenere risultati positivi. Aiutate tutti a rendere più facile l’inserimento dei giovani, a rendere più agevole la loro carriera, snellire le procedure perché, credetemi, attualmente il Comandante assomiglia più ad un Notatio – sommerso com’è da una marea sempre montante – di norme, di leggi, di aumento dei Giornali di Bordo, di Certificati, da tenerlo sempre più lontano dalla sua originale e professionale mansione: Il Capitano di Mare.
Non creiamo un mostro robot.

Comandante Fortunato IMPERATO – Meta, 18 Aprile 2006